Il fisioterapista dei campioni, Vincenzo Longobardo spiega nei dettagli le cause scatenanti dei fastidi, come prevenirli ed, eventualmente, curarli

 

Specie negli ultimi tempi, sembra crescere a dismisura il numero di persone – appartenenti a varie fasce d’età -, che lamentano dolori alla spalla. A cosa si possono attribuire questi fastidi, quali sono le principali cause scatenanti e cosa si può fare per porvi rimedio? A questi e ad altri quesiti a tema, ha cercato di rispondere nel mondo più esaustivo possibile il dottor Vincenzo Longobardo, apprezzato fisioterapista sportivo con studio in via dell’Epomeo 104.

 

“Il dolore alla spalla – spiega il professionista – rappresenta una delle condizioni muscolo-scheletriche più diffuse nella popolazione e più comunemente osservate da noi fisioterapisti dello studio FISIONAPOLI nella nostra pratica clinica. È preceduto soltanto da mal di schiena e dal dolore cervicale.

Le problematiche a carico dei tendini della cuffia dei rotatori arrivano ad interessare il 30-50% della popolazione di età superiore ai 50 anni.

La maggior parte delle lesioni della cuffia sono dovute a processi degenerativi del tendine, che si sviluppano con decorso lento, dando al paziente scarsi sintomi che nella maggior parte dei casi vengono sottovalutati o non ben riconosciuti dal paziente.

Studi recenti hanno evidenziato come il sesso e le patologie metaboliche ed endocrine, possano rivestire un ruolo significativo nella progressione di lesioni tendinee. Le donne, in particolare, presentano una maggiore incidenza di lesioni della cuffia dei rotatori, mentre per ciò che riguarda le patologie metaboliche, sembra che quelle tiroidee, così come il diabete e le dislipidemie, rappresentino un importante fattore predisponente per lo sviluppo di problematiche di spalla”.

 

ANATOMIA

“La spalla è l’articolazione più mobile del corpo umano, ma il prezzo di questa ampia mobilità viene pagato da una più alta probabilità di problemi di instabilità e di usura tendinea rispetto a tutte le altre articolazioni del nostro corpo. La spalla è stabilizzata dalla sua capsula articolare, dai legamenti e dai muscoli della cuffia dei rotatori e del capo lungo del bicipite brachiale.

Per cuffia dei rotatori si intende un’unità funzionale di quattro muscoli e dei relativi tendini, che si inseriscono sull’omero e che, tramite la loro azione, stabilizzano la spalla fungendo da ponte tra la scapola e la testa dell’omero e per questo definiti protettori dell’articolazione scapolo-omerale. Anteriormente troviamo il tendine del muscolo sottoscapolare, superiormente quello del muscolo sovraspinato, posteriormente i tendini dei muscoli sottospinato e piccolo rotondo. Il bicipite brachiale può essere considerato il quinto muscolo della cuffia dei rotatori, in quanto è un muscolo stabilizzatore anteriore dell’omero spesso coinvolto in molte patologie della spalla”.

 

EZIOPATOGENESI

“Sono stati individuati come cause di lesioni sia fattori estrinseci, come i carichi eccessivi e i microtraumi ripetuti, in particolare le attività overhead, cioè quelle che avvengono al di sopra della testa, che intrinseci come quelli endocrini, metabolici e degenerativi”.

 

PREVENZIONE

“La precoce identificazione dei fattori di rischio e la riduzione di movimenti stressanti l’articolazione sono il primo step per scongiurare l’instaurarsi di una lesione. Importante è il mantenimento del corretto arco di movimento del complesso delle articolazioni della spalla, cioè la libertà di scorrimento della scapola sul torace, dell’omero nella cavità glenoidea della scapola, oltre che delle piccole articolazioni acromion-claveare e sterno-claveare.

È inoltre necessario il mantenimento della forza, non solo della muscolatura della cuffia dei rotatori, ma anche e soprattutto dei muscoli scapolo-toracici, cioè i muscoli che consentono il corretto posizionamento e movimento della scapola”.

 

RIABILITAZIONE

 

“Nelle problematiche di spalla è il dolore a limitare la funzionalità dell’articolazione, spesso causato da una reazione infiammatoria delle strutture circostanti il tendine, come ad esempio le borse esistenti tra il tendine e l’osso sottostante, oppure la sinovia che riveste l’articolazione. Lo stimolo doloroso può dipendere anche da una lesione più o meno estesa del tessuto tendineo, il quale gradualmente può andare incontro a degenerazione se non adeguatamente curato.

 

Le tecniche e metodiche fisioterapiche che utilizziamo da FISIONAPOLI sono:

*terapia manuale, necessaria per facilitare il movimento articolare e muscolare;

*rinforzo muscolare, grazie a resistenze sia manuali esercitate dal fisioterapista, sia elastiche di intensità crescente, fino ad arrivare all’utilizzo di pesi;

*esercizi propriocettivi per rendere cosciente la percezione ed il controllo della posizione dell’arto nello spazio, in relazione anche al resto del corpo;

*fisioterapia strumentale: con la possibilità di intervenire sulla rigenerazione delle cellule costitutive dei tendini, i tenociti, e quindi di curarle, di modulare l’infiammazione e ridurre il dolore. È garantita da terapie fisiche strumentali d’avanguardia, come la laser terapia ad alta potenza e la tecar terapia.

La laserterapia offre un effetto antalgico (riduzione del dolore); antiinfiammatorio (contenimento del processo infiammatorio) e antiedemigeno (riduzione dell’edema).

La tecarterapia consente di: stimolare il ciclo vitale cellulare del tendine, per evitare che una tendinosi evolva in lesione o rottura completa; il drenaggio dello stravaso ematico o ematoma; ripristinare il corretto apporto di ossigeno tissutale; accelerare i processi riparativi/rigenerativi, grazie all’azione dei fibroblasti, cellule che si sostituiscono agli spazi della matrice lasciati vuoti dalle fibre collagene degenerate, riducendo il rischio di esiti fibrosi.

 

Alla luce delle recenti conoscenze diventa, dunque, fondamentale fare prevenzione delle patologie tendinee perché, se valutate correttamente e gestite in un piano terapeutico adeguato, è possibile curarle in fase precoce, prima che evolvano in lesioni importanti o rotture complete, la cui soluzione sarebbe chirurgica e caratterizzata da un percorso riabilitativo post-intervento più complesso e difficoltoso”.

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